Cinque anni esatti dalla morte di Pietro Mennea, la nostra “Freccia del Sud”

L’unica davvero in grado di superare Pietro Mennea è stata la morte. Si è manifestata sotto forma di tumore al pancreas, arrecando al corridore pugliese profonde sofferenze, prima che lo stesso si addormentasse nel sonno eterno, a Roma, il 21 marzo 2013.

Di Pietro Mennea è impossibile scordarne le gesta sulla pista d’atletica. Il velocista tricolore ha reso grande la nazione italiana con la conquista di tante medaglie. Sicuramente i risultati più significativi sono quelli delle Universiadi di Città del Messico (1979) nelle quali trionfò sui 200 metri, realizzando il record mondiale con il tempo di 19’’72 (rimasto imbattuto per 17 anni) e il record europeo sui 100 metri con 10’’01, tutt’ora miglior tempo su scala italiana. Salì inoltre sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi di Mosca (1980).

Le sue falcate fino al traguardo restano impresse nell’immaginario collettivo. Ed è come se la sua morte, risalente ormai a cinque anni fa, non fosse mai avvenuta realmente. Sulla nostra “Freccia del Sud”, così fu soprannominato, circola ancora un curioso aneddoto a cui noi crediamo ciecamente: da giovanissimo (15 anni di età) sfidò due automobili (una Porsche e un’Alfa Romeo 1750) in velocità su uno stradone di Barletta, sulla lunghezza di 50 metri. Le batté entrambe.

La salma di Pietro Mennea riposa nel cimitero Flaminio, conosciuto anche con il nome di cimitero di Prima Porta, ubicato nella periferia nord della Capitale.