Tagli alla scuola pubblica, altro che Buona Scuola

Tagli alla scuola pubblica, altro che Buona Scuola

Crescono le proteste attorno alla riforma scolastica voluta dal governo Renzi

Riduzione delle voci di spesa per la pubblica istruzione, rimodulazione tra capitoli mascherate da investimenti, tagli al personale: è questa la Buona Scuola?

Guerra di cifre sulla Buona Scuola. Se per Renzi la riforma scolastica è tutta col segno più (tre miliardi di euro in più, ogni anno, per l’assunzione dei docenti; centro milioni di euro per l’alternanza scuola lavoro; novanta milioni di euro per l’innovazione digitale; ecc.) di tutt’altro avviso sono i suoi oppositori. Da destra a sinistra, passando per il Movimento Cinque Stelle, cresce il numero di coloro che denunciano i mali di questa riforma.

Ovviamente l’opposizione più combattiva viene dallo stesso mondo della scuola, con le varie sigle sindacali sugli scudi. Per le rappresentanze del personale docente ed ATA, siamo di fronte ad una gigantesca operazione propagandistica volta a mascherare un semplice maquillage delle voci di spesa relative alla Pubblica Istruzione. I tanto propagandati investimenti per la scuola consisterebbero dunque in meri storni tra capitoli di spesa o, peggio ancora, in tagli.

Come definire altrimenti l’abolizione dei compensi per esami di stato (valutabili intorno ai 147 milioni di euro) e per i dirigenti vicari (altri 118 milioni), la riduzione di circa duemila unità subita dal corpo degli amministrativi? E la drastica ghigliottina calata sui fondi destinati alle supplenze brevi o su quelli per la pratica sportiva?

Le posizioni sulla nuova scuola restano dunque agli antipodi. La partita è tutta da giocare e solo nei prossimi mesi si potrà capire se ci si trova di fronte alla rinascita della tanto bistrattata scuola italiana o ad un clamoroso bluff.

Alessio Palumbo