Cinque tecniche di esecuzioni più disumane della storia

Pena di morte: le cinque tecniche di esecuzioni più disumane della storia

Le morti più efferate nei secoli, dove il boia scuoiava e sezionava i condannati alla pena capitale.

La storia ci insegna che in passato la pena di morte veniva applicata con esecuzioni efferate. Tra queste vi sono cinque tecniche considerate in assoluto le più disumane nei secoli. La prima è la lapidazione. Dopo essere stato avvolto da un sudario il condannato veniva seppellito fino metà corpo e raggiunto da sassi fino a farlo morire. Gli uomini venivano interrati fino alla vita, le donne fino al petto. La seconda tecnica è quella del rogo con la quale venivano uccisi i condannati per eresia. Una tra le pratiche più diffuse è quella denominata Necklacing. Si cospargeva di benzina un copertone nel quale veniva infilato il busto della vittima in modo da bloccarne le braccia, poi dato fuoco. Solitamente la morte non sopraggiungeva subito, ma dopo una ventina di minuti di sofferenze atroci. La terza tecnica è la divisione del corpo. Il condannato veniva appeso per le caviglie a testa in giù con le mani legate dietro la schiena. A questo punto il boia sezionava con una sega il corpo a metà più lentamente possibile. La vittima moriva solo dopo molto tempo. La quarta tecnica è conosciuta come Aquila del sangue, esecuzione all’epoca molto usata nelle popolazioni del nord Europa. La vittima veniva spogliata e immobilizzata prone su un altare. Il boia praticava un’incisione con un coltello sulla schiena, poi affondava le mani nella ferita, raggiungeva le costole e le spezzava facendole fuoriuscire dalla schiena. Poi estraeva i polmoni e li posizionava sulle spalle del condannato che moriva dopo poco tempo per soffocamento. L’ultima tecnica è la morte per scuoiamento. Dove il boia aveva il compito di togliere la pelle al condannato, ma nel contempo doveva tenerlo in vita più a lungo possibile. La vittima moriva dopo molto tempo per dissanguamento.

Rossella Biasion